Lei: intervista a Živa Kraus


Sul numero 9 di luglio 2023, la rivista promossa dall’Università Ca’ Foscari di Venezia dedica la copertina ed un editoriale a Živa Kraus.

Ikona Venezia - Lei: intervista a Ziva Kraus

L’invisibile diventa visibile.
… Vorrei partire da questa affermazione dell’artista Živa Kraus per aprire il nono numero del Magazine Lei.
Storie di vita e di lavoro, progetti, valori, suggerimenti e riflessioni sono il patrimonio invisibile che ha preso forma diventando visibile nella rivista. I ritratti, le interviste e gli approfondimenti che le nostre docenti, le esperte, le studentesse e le professioniste hanno raccolto e pubblicato, rappresentano una concreta e fruibile fonte di ispirazione per l’occupabilità e la crescita delle generazioni future.
Ad aprire il nuovo numero il ritratto, omaggio e riconoscimento, all’artista, curatrice e gallerista Živa Kraus, importante figura nel mondo artistico veneziano. Accanto lei, nelle pagine che seguono la sua intervista, molte altre donne le cui biografie rappresentano importanti esempi di impegno lavorativo, umano e sociale nel panorama nazionale ma anche internazionale. (…)

Buona lettura!

Ritratto di Lei

Silvia Burini
Professoressa ordinaria di Storia dell’Arte Russa e Storia dell’Arte Contemporanea e Direttrice dello CSAR (Centro Studi sulle Arti della Russia) dell’Università Ca’ Foscari Venezia, conversa con Živa Kraus, Artista e gallerista.

Fotografie di Francesca Occhi.

Ikona Venezia - Lei: intervista a Ziva Kraus

Alla Galleria di Marina Bastianello ti hanno da poco dedicato una mostra, che aveva come titolo Unica. Io aggiungerei, però, con molte ipostasi: sei artista, curatrice, gallerista, una insostituibile figura, a Venezia, dell’arte, non solo fotografica. Come metti insieme tutto?

La mia vita è la conseguenza di due scelte che ho compiuto in extremis: il coraggio di iscrivermi a Pittura all’Accademia di Belle Arti (pur sapendo chi fosse Raffaello), e venire a Venezia.
Non sarei qui se non avessi scelto l’arte: sono arrivata dopo la mia prima mostra personale a Zagabria. A Venezia, in un certo senso, vivo dal primo giorno allo stesso modo: cercando di fare il mio dovere al meglio, dalla pittura alla galleria.

Tutto ciò che ho fatto è stato rispondere alla città tramite il mio occhio e il mio agire. Ciò di cui mi occupo, dalla parola all’immagine, è invisibile e non esiste se non è articolato, espresso, fatto, se non si realizza nella cosa, nell’opera.
L’invisibile diventa visibile. Ho fatto i quadri per essere pittrice, ho fatto la galleria per essere cittadina in questa città, per rispondere, per mettermi in dialogo. In galleria sono il ‘messaggero’ fra il pubblico e l’opera: realizzando le mie idee ho fatto anche la curatrice. Tutto questo ha lo stesso processo del fare e del succedere: l’idea che diventa la forma, dal quadro alla mostra.
Sono stata sempre nel centro della creatività.

Da sempre manifesti uno stile molto persona-le, mitteleuropeo, ma in senso internazionale: non sei accomodante, anzi sei decisamente esigente e rigorosa. Dimostri un senso di seria responsabilità: è questo il tuo rapporto con l’arte e con questa città?

Sì, di massima responsabilità e di concentrazione, perché tutto era da costruire e scoprire. Stavo nel mio studio con il mio quadro e il disegno, in permanente presenza degli elementi della natura; pietra, acqua, aria, luce. Venezia non era, come è oggi, il Faro di Alessandria e la comunicazione in vivo. Era dominata da sé e dalle sue isole, dai suoi luoghi, dai suoi edifici. Ho seguito me stessa e la creazione di Ikona Photo Gallery ha definito il mio fare e il mio dare. Dare la vita alla galleria significava portare la fotografia in città. Dovevo partire, andare alla sorgente, incontrare i fotografi, i luoghi, i musei, i curatori e dare vita alle mostre. Tutto doveva avere significato, senso, esistere per la fotografia, la grande fotografia universale che supera lo scatto amatoriale e si difende come opera in sé. Ogni mostra è successa per l’evidenza e per la necessità di essere vista dal pubblico. Cosi la galleria è divenuta a priori un luogo di fruizione, iniziazione e educazione. Venezia non può essere paragonata ad altre città: i suoi tesori richiedono l’eccellenza e la massima cura per nuove forme di vita che devono partire sempre dalla matrice. Tutto questo richiede responsabilità, incessante lavoro e presenza.

Dal 1971 vivi e lavori a Venezia, ma provieni da Zagabria, dove sei nata e hai studiato pittura all’Accademia di Belle Arti. Hai dichiarato più volte che la tua famiglia ti ha offerto stimo-li culturali e critici fondamentali: ci racconti?

Zagabria è una vera città e tutto quel che può offrire una città l’ho imparato lì.
I miei genitori li ho sempre visti lavorare. Malgrado gli impegni, il lavoro e lo studio, in casa erano sempre presenti l’arte, il quadro, il libro. La ricerca della bellezza e della verità, la discussione, il dialogo sono stati necessità naturali come la curiosità rispetto a ciò che accadeva in città e la gioia e il desiderio di eccellenza. Ho seguito concerti, teatro, arti visive in un incrocio incredibile di tradizioni e avanguardie, trasmesse con manifestazioni importanti e con artisti anche internazionali.

Capire, scoprire la bellezza e l’arte, la verità, l’in-contro con gli altri, gli amici, tutti questi gesti avevano la stessa importanza della vita quoti-diana, del lavoro e dello studio. I miei geni-tori non si sono opposti né alla mia scelta della pittura né alla partenza per Venezia.

Sei arrivata in Italia a soli sedici anni, con il tuo fratello gemello Ognjen, e poco più che ventenne, ti sei trasferita a Venezia, dove hai coltivato esperienze e relazioni profonde, da Peggy Guggenheim a Carlo Cardazzo, nel-la sua Galleria del Cavallino, solo per fare due nomi… Quali sono stati i tuoi incontri fondamentali?

Ikona Venezia - Lei: intervista a Ziva Kraus

Ikona Venezia - Lei: intervista a Ziva Kraus

Il mio incontro fondamentale è stato con Vene-zia stessa. La voce interiore mi diceva: «tu devi andare a Venezia». Non potevo ignorarla anche se pensavo di voler andare a Parigi, cosciente che rappresentasse la vecchia Europa. Mi sono immediatamente inserita nell’ambiente dell’arte, dall’Accademia di Belle Arti agli incontri con grandi artisti e ai miei impegni di lavoro. Anche a Zagabria avevo vissuto così e quando stavo a Vence, in Francia, ho avuto dei veri incontri con Miró, Chagall e Calder. L’amore per l’arte e la pittura mi ha fatto sempre vivere nel quadro e quando mi sono trovata a lavorare per Peggy Guggenheim, nella sua collezione, ho solo continuato il mio sguardo in pittura, ma la sua fiducia in me e la sua gentilezza mi hanno dato un respiro indelebile, che poteva capitarmi solo a Venezia. L’amicizia di Alberto Moravia, che mi ha scelto come suo punto di riferimento in città, mi ha segnata per sempre di gratitudine perché ha voluto vedere e scrivere della mia pittura. L’incontro con Moravia ha intensificato il mio conoscere l’Italia in diretta, nel momento di grandi mutamenti. La decisione di Carlo Ripa di Meana di scegliermi come curatrice e redattrice del catalogo generale de La Biennale Arti Visive 1978 era enorme per audacia e fiducia. Così io, che da sempre vivo nel centro dell’arte e della creatività, mi sono trovata in loco della mostra internazionale d’arte visiva più importante al mondo.

Nella tua attività artistica la pittura è forse lo strumento espressivo impiegato più frequen-temente ma molto per tempo ti sei avvicinata alla nascente video-arte, al centro fiorentino Art/tapes/ e al Centro di Videoarte di Palazzo dei Diamanti. Qual è il tuo rapporto con l’ar-te digitale oggi?

Il mio lavoro presso la Galleria del Cavallino con Paolo Cardazzo mi ha permesso di seguire e di organizzare gli inizi della video arte in Italia con artisti veneziani e internazionali. Sono stati anni cruciali anche per gli artisti storici della video arte, da Marina Abramović a Bill Viola.
Con l’amica Maria Gloria Bicocchi ho assistito all’entrata della video arte alla Biennale: di nuovo ero alla sorgente di un nuovo linguaggio e io stessa ho realizzato The Motovun Tape che considero il mio self mark. Non ho potuto dare continuità a questo linguaggio: da sola, al di fuori delle istituzioni, impossibilitata ad avere gli strumenti e l’equipaggio necessario, non potevo fare niente che superasse il mio corpo e il mio passo. Mi chiedo cosa sarebbe Ikona Gallery se fossero stati registrati da una videocamera i suoi spostamenti negli spazi della città, dai suoi inizi ad oggi. Ovviamente ho presentato in galleria lavori importanti di artisti che hanno usato la video arte e le nuove tecnologie. Noi tutti siamo figli dei mass media, lo eravamo anche ieri quando l’opera stava in primo piano.

Ikona Venezia - Lei: intervista a Ziva Kraus

Oggi, con le nuove tecnologie, la scienza e l’arte digitale, si è aperto un canale infinito di creatività e riproducibilità. Il mio sguardo è sempre aperto, ma non posso uscire dalla mia scrittura e presenza, che agisce in modo differente; però ugualmente utilizzo e sono in connessione, anche attraverso questi canali. Tutti i fenomeni delle nuove tecnologie, dal film (fotografia) al suono, all’arte digitale, sono evidenti e indispensabili per il mondo globale nella sua permanente connessione alla vita reale. Non si può non essere partecipi alla nuova realtà, che è l’arte digitale, che non esclude comunque il patrimonio storico dell’arte di ieri e l’opera d’arte contemporanea. Proprio questa connessione e interazione fra l’arte di ieri e di oggi con le nuove tecnologie può accentuare la differenza e l’entità dell’arte che afferma la sua continuità di ieri oggi e domani.

Lo sguardo che rivolgi alle cose, alla città in cui entrambe abbiamo scelto di vivere è disincantato ma anche pieno di attenzione e di cura: che cosa ha rappresentato per te e rappresenta ora la vita culturale veneziana?

Ho sempre pensato che la cosa più importante fosse scoprire Venezia nei suoi luoghi e tesori, la sua architettura, le chiese, i musei, la diversità dei sestieri. Infatti agli studenti che hanno svolto lo stage presso Ikona, ho fatto attraversare la città perché andassero a vedere le mostre e i musei e perché maturassero un orientamento al fine di compiere scelte e comprendere il loro autentico interesse nell’infinita offerta presente. Venezia è in permanente trasformazione, non ci sono frontiere. Ci sono nuovi assi in città, che includono tutta l’isola con la magnificenza di piazza San Marco. La Biennale, l’Università, Istituzioni e Fondazioni s’incrociano, attraverso i più grandi esperti di tutte le discipline, per parlare al mondo e proclamare in permanenza l’arte e la cultura. È un’occasione unica per coloro che visitano la città e inevitabilmente è immancabile per gli studenti che, se riescono a orientarsi e organizzarsi, hanno l’occasione continua di frequentare in vivo la vera accademia di arti e saperi diffusa ovunque a Venezia e nella sua natura. C’è solo da augurarsi che le dinamiche in atto, la metamorfosi e la pulsazione, significhino la rivoluzione e una nuova era, per la vita di tutti, dove il polso sia l’arte, che significa creatività e libertà.

Parliamo del tuo interesse per la fotografia. Rispetto ad altri paesi, come la Francia o gli Stati Uniti, in Italia la fotografia faticava a entrare nel circuito artistico contemporaneo. La nascita di Ikona Gallery il 28 luglio 1979 coincide con un grande evento: «Venezia ‘79 la Fotografia» che il Comune di Venezia organizzò insieme all’International Centre of Photography di New York e all’UNESCO. Ci racconti come avvenne?

«Venezia ’79 la Fotografia» era come un Festival e tutta la città era occupata dalla fotografia: Henri Cartier-Bresson era ai Giardini de La Biennale, la Collezione Wagstaff al museo Correr, Palazzo Fortuny è stato il quartiere generale della manifestazione presentando mostre e ospitando i workshop, e i Magazzini del Sale ospitavano la fotografia italiana. Tutto questo sotto la direzione dell’ICP di Cornell Capa di New York in sinergia con tutti i fautori e i partecipanti del grande evento.
Ikona Photo Gallery era presente con la massima mostra di fotografia a colori e in bianco e nero, con opere di Gisèle Freund e Jérôme Ducrot, nella sua prima locazione al Ponte San Moisè vicino a San Marco, con un’installazione della mostra assolutamente nuova e funzionale alla fotografia. Era un’epoca di grandi cambiamenti per la fotografia e le istituzioni, i fotografia, i curatori, gli editori, i collezionisti, i produttori, gli sponsor arrivavano a Venezia per incontrarsi e passarono anche per la galleria, sia per il luogo che per la mostra. Era un’attrazione e una sorpresa, e questo incontro diretto fece entrare Ikona Gallery nella mappa della fotografia del mondo e dei suoi protagonisti, aprendomi tutte le porte, a New York e altrove. Non era un fatto mondano, ma un riconoscersi e condividere lo stesso interesse e la convinzione della promozione della fotografia. Concluso il Festival, per decenni, dal 1979 ad oggi, Ikona ha difeso e promosso la fotografia. Nel 1989 sono stata accolta da Giorgio Busetto presso la Fondazione Querini Stampalia e nel 2019 dalla Fondazione Ugo e Olga Levi con la mostra 40 anni di Ikona Gallery a Venezia. È difficile immaginare cos’era ieri quando invece oggi la fotografia è presente in mostra nei massimi luoghi della città, dai musei alle fondazioni, e quando Le Stanze della Fotografia, dirette da Marsilio Arte, sono nell’Isola di San Giorgio.

Perché hai scelto Ikona come nome della tua galleria?

Ho scelto il nome Ikona perché volevo un nome internazionale, universale, che non fosse solo italiano o inglese. Ikona, eikon in greco classico, è l’immagine: le parole iconografia, iconoclastia e icona, come immagine sacra di Bisanzio, si associano perfettamente con il fenomeno della fotografia e sono affini a Venezia.

Hai scritto che sei arrivata a Venezia ‘da straniera’: cosa pensi della diaspora così dolorosa che negli ultimi anni riguarda molti artisti che scappano da regimi oppressivi e da situazioni insostenibili? Pensi che Venezia possa ancora accogliere?

Penso che tutta l’arte, soprattutto quella del ventesimo secolo, sia piena di artisti in esilio a causa delle guerre e dei conflitti, anche perché l’artista esiste solo se realizza la sua voce, la vocazione di espellere la sua ricerca, l’espressione per darle la giusta forma nello spazio.

Venezia sempre accoglierà gli artisti e loro, anche senza essere accolti, sapranno entrarvi in dialogo per lasciare una traccia. Anche El Greco è passato a Venezia per finire a Toledo, e uno dei massimi poeti dell’esilio, Iosif Brodskij, ha scritto il libro Fondamenta degli Incurabili su Venezia. Ikona Gallery si trova dal 2003 nel Ghetto di Venezia, un luogo dove ogni pietra e la stessa forma urbana parlano di diaspora e di assimilazione, e per di più è un luogo in cui sono presenti le Pietre d’Inciampo. Una città che vive talmente intensamente il transito dell’uomo per il viaggio e la ricerca e che è luogo di studio di migliaia di studenti provenienti da tutto il mondo, non può che accogliere e indirizzare le persone verso nuovi orizzonti. La vita è confronto e anche selezione naturale, e alla fine è l’artista a scegliere. Le carriere degli artisti sono definite dal nomadismo verso differenti luoghi di residenza e verso le infinite manifestazioni a cui partecipano. L’energia del cosmo ne decide la determinazione.

Ikona Venezia - Lei: intervista a Ziva Kraus

Ikona Venezia - Lei: intervista a Ziva Kraus

Živa Kraus

Živa Kraus è pittrice e fondatrice e direttrice
di Ikona Gallery.

Nata a Zagabria nel 1945, ha studiato pittura all’Accademia di Belle Arti; in seguito ha perfezionato la sua formazione a Vence, in Francia. Nel 1971 si è trasferita a Venezia, dove ha studiato scenografia presso l’Accademia di Belle Arti. Sempre a Venezia ha lavorato nello studio di Emilio Vedova (1971), per Peggy Guggenheim (1973) e
con Paolo Cardazzo presso la Galleria Il Cavallino, contribuendo ad incontri rilevanti con il panorama artistico jugoslavo (Motovun Project urbane Intervencije, 1974; Identitet=Identità, 1976).
Negli stessi anni, insieme a Maria Gloria Bicocchi ha lavorato alla diffusione di Art/tapes/22. a Firenze, Ferrara, Venezia, Zagabria. Dopo la direzione della Galleria il Diaframma di Milano a Venezia (1977), nel 1978 è stata curatrice ed editor del catalogo Dalla natura all’arte, dall’arte alla natura della XXXVIII Biennale di Venezia, a fianco di Carlo Ripa di Meana e Vittorio Gregotti.
Nel 1979 ha fondato Ikona Photo Gallery e nel 1989 ha fondato Ikona Venezia International School of Photography, nata al Ponte di San Moisè, approdata nel 2003 in Campo del Ghetto Nuovo e iterata in molteplici sedi veneziane.
Contemporaneamente, dal 1982 al 1991, è stata direttrice artistica della Galerija Sebastian, con sedi a Dubrovnik, Belgrado e Varždin. In differenti occasioni è stata coordinatrice di padiglioni nazionali e di eventi collaterali di varie edizioni
de La Biennale di Venezia.
Come pittrice, Živa Kraus ha esposto personalmente a Karlovac (1972), Zagabria (1972, 1975, 1979, 1988, 2021), Lubiana (1973), Brescia (1974), Genova (2023), Milano (2023), Venezia (1974, 1975, 2010, 2011, 2013, 2019, 2022), Auvernier (1977), Berna (1981). È autrice del videotape The Motovun tape, 1976.
Nel 2019, la Fondazione Ugo e Olga Levi ha ospitato la mostra Memory for the future. 40 anni di Ikona Gallery a Venezia per celebrare i quarant’anni di attività della galleria e della figura di Živa Kraus come artista, curatrice e gallerista a Venezia.