Spettatori e spettatrici di un’epoca tumultuosa dal punto di vista politico – che va dagli inizi degli anni Trenta fino agli anni Cinquanta – otto fotografi e fotografe, condividendo esili e oscillazioni tra Vecchio e Nuovo Mondo, vedono i loro destini intrecciarsi nel pieno di un periodo di estrema fioritura delle arti e della fotografia.
Gli inizi degli anni Trenta sono teatro, in Europa, della nascita di movimenti artistici d’avanguardia – le donne fotografe accedono allo status di autrici e si sviluppa la fotografia sperimentale –, alimentando scambi appassionati tra Parigi e New York. Questo fluire creativo tra i due continenti viene interrotto bruscamente dalla Guerra di Spagna (1936-39) e, successivamente, dalla Seconda guerra mondiale (1939-45), conflitti che provocano un’emigrazione di massa forzata dall’Europa: migliaia di fotografi e fotografe anti-Nazisti ed ebrei – grazie a reti amicali, familiari o professionali – lasciano i loro Paesi d’origine e si rifugiano a New York. Fotografi e fotografe in esilio o impossibilitati negli spostamenti tra i due continenti si ritrovano in un Paese sconvolto dai postumi della Grande depressione americana (1929-39): si afferma il concetto di “fotografia impegnata”, il fotogiornalismo – già diffuso in precedenza in Europa – per documentare miseria ed emarginazione di un Paese immobilizzato dalla crisi.
È a partire dagli anni Quaranta che la rivisitazione di tropi europei – portati dagli esili – in chiave americana porta alla creazione, negli Stati Uniti, di nuove forme di documentazione fotografica: il Precisionismo, la Straight Photography e il Photographic Essay. Fotografi e fotografe – pubblicando prima in riviste a forte tiratura per poi esporre in gallerie, musei o collezioni private – catturano e celebrano con la fotografia una New York rinvigorita, entusiasta, ottimista: uscita dal buio della Grande depressione, la nuova metropoli, a partire dalla metà degli anni Cinquanta, prenderà il posto dell’Europa come principale centro artistico e istituirà la fotografia nei musei e nelle gallerie.
Otto personalità di spicco del mondo della fotografia trovano un punto d’incontro sulle pareti di Ikona Gallery a Venezia, legate da fili storico-artistici che ne intrecciano percorsi di vita e operato. Nati negli Stati Uniti o in Europa, le vicende storiche tormentate degli anni Trenta li porteranno a proseguire la propria carriera a New York o per mezzo di note riviste americane. Le esperienze maturate durante i loro spostamenti tra Vecchio e Nuovo Continente permettono loro di unire molteplici influenze d’avanguardia nella creazione di nuovi stili, legati tra loro, ma allo stesso tempo unici nel proprio genere. Margaret Bourke-White, Dorothea Lange e Ilse Bing si fanno strada nel mondo della fotografia dedicandosi, attraverso il fotogiornalismo, alla “fotografia impegnata”: documentazione e denuncia di miseria ed emarginazione diventano aspetti fondamentali della loro opera. Berenice Abbott, in linea con Bourke-White, Andreas Feininger e, per certi aspetti, Lange, fa uso delle nuove forme di documentazione per catturare e celebrare le rapide trasformazioni di una New York in espansione: masse monumentali di grattacieli, ponti, statue e immagini quotidiane di modernità vengono immortalate con inquadrature innovative e talvolta inaspettate. Altre forme artistiche che legano questi fotografi e fotografe tra loro sono il ritratto e l’autoritratto: pensiamo a Lange, Abbott, Bing e, in particolar modo, ai ritratti di personalità importanti eseguiti da René Burri, agli autoritratti teatrali ed enigmatici di Francesca Woodman, fino ad arrivare ad un ritratto anonimo di donna intimo e immediato.
Una borsa verde a tracolla, contenente attrezzature e obiettivi di una macchina fotografica, e una stanza adibita a camera oscura sono gli unici elementi che legano l’anonimo collezionista veneziano al ricordo del prozio e della zia, entrambi fotografi. In mancanza di forme tangibili dell’operato dei suoi cari, egli ha un progetto: compone una collezione in grado di rievocare le immagini da loro catturate. Percepiamo, tra le opere esposte, il tema dei fiori tanto caro al prozio. New York, New York, titolo della mostra, mette in evidenza la chiave della collezione: città prediletta e fotografata dalla zia, New York viene celebrata nelle sue molteplici sfaccettature, mediante scatti principalmente di fotografe americane donne, evocando concretamente un legame affettivo altrimenti lontano e incorporeo.